sabato, settembre 16, 2006

Addio Oriana!


Cara Oriana,

alla fine la scommessa l'hai persa! Ricordo come se fosse ieri quel 14 Settembre 2001, quando mi hai chiamato a New York per correggerti le bozze de "La Rabbia e l'orgoglio". Come al solito, scherzando sulla tua malattia, dicevi che avresti sepolto tutta una serie di personaggi. Di 7 che ne avevi nominato, uno è ancora vivo e gode di ottima salute. Quando hai fatto il nome di Previti, te lo dissi: "l'erba tinta non mori mai!" Pazienza!
Ricordo con affetto che ogni volta che venivo a New York mi preparavi gli arancini, per farmi sentire in casa. Non te l'ho mai detto, ma secondo me nel ragù avresti dovuto mettere anche un pò di carne di vitello. In compenso, il tuo spaghettino con l'aragosta di Boston resta ancora insuperato!
Purtroppo ti sei persa l'ultima uscita del Papa! Pensa che per sbaglio, qualcuno gli ha inserito un foglio di troppo nel discorso che ha fatto a Regensburg. Su questo foglio, c'era scritto che la religione musulmana va a braccetto con il terrorismo e con la Jihad.
Naturalmente i musulmani si sono incazzati a morte e sta succedendo l'inferno.
Addirittura verrà annullata la visita di Papa Ratzinger in Turchia. C'è molta delusione nell'ambiente ecclesiastico: le suore erano entusiaste all'idea di poter ballare fino all'alba all'Halikarnas di Bodrum, ma adesso dovranno aspettare Benedetto 18° per la prossima gita sul Bosforo!

Non sarebbe il caso di darci dentro con il tuo merchandising? La raccolta completa delle tue opere, le T-Shirts con i tuoi aforismi e per finire le tue vignette postume sul Profeta.

Con affetto,

BC

4 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Il giorno in cui la guerra entrò in noi

"Salendo sulla cattedra di Pietro ho ricevuto il
potere di capovolgere, di disperdere, di distruggere,
di dissipare, di edificare e di piantare: ma non si
può dichiarare una guerra e bandire una crociata senza
che accada un gravissimo evento…"
La voce cavernosa sembrò consacrare la grave atmosfera
creatasi in quei pochi attimi di sepolcrale silenzio:
"Accadrà".

Adriano Petta, Eresia pura

"Pensavo di partire dopo il mio compleanno, ma non
contavo i giorni e quel 10 settembre 2001 passò senza
che me ne accorgessi, come se non fosse nemmeno stato
nel calendario. Peccato. Perché per me, per tutti noi
- anche per quelli che ancora oggi si rifiutano di
crederlo -, quel giorno fu particolarissimo, uno di
cui avremmo dovuto, coscientemente, gustare ogni
momento. Fu l'ultimo giorno della nostra vita di
prima: prima dell'11 settembre, prima delle torri
gemelle, della nuova barbarie, della limitazione delle
nostre libertà, prima della grande intolleranza, della
guerra tecnologica, dei massacri di prigionieri e di
civili innocenti, prima della grande ipocrisia, del
conformismo, dell'indifferenza, o peggio ancora, della
rabbia meschina e dell'orgoglio malriposto; l'ultimo
giorno prima che la nostra fantasia in volo verso più
amore, più spirito, più gioia venisse dirottata verso
più odio, più discriminazione, più materia, più
dolore."

Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra

11 settembre 2001: sono passati cinque anni da quel
giorno. Il giorno in cui improvvisamente abbiamo
scoperto, senza preavviso, la paura. La paura è
entrata nelle nostre case, di colpo, irrompendo
ovunque, spalancando le porte senza suonare e senza
permesso. Abbiamo acceso la televisione e visto
qualcosa che non potevamo guardare solo per un momento
per poi tornare subito alle nostre occupazioni. No, ci
siamo fermati: quel giorno abbiamo visto qualcosa che
almeno per un attimo ha stoppato le nostre vite e ci
ha connesso al mondo, sbattendoci davanti agli occhi
qualcosa che ignoravamo, qualcosa di più grande, di
più importante nella nostra routine quotidiana.

L'11 settembre abbiamo visto la guerra. La guerra
vera, con palazzi che esplodono e crollano al suolo,
mentre tutto intorno la gente scappa terrorizzata. Non
l'avevamo mai vista? No, mai. Avevamo visto immagini
di conflitti lontani, in realtà spesso vicinissimi, ma
lontani anni luce dal nostro mondo, dalla nostra vita
e dalla nostra mente, cartoline da un universo
estraneo e incomprensibile che sporadicamente facevano
capolino ai nostri occhi, scivolandoci sopra senza
fermarsi mai se non per pochi secondi, giusto il tempo
di liquidare la faccenda sospirando "poverini", e
scordandola come si fa al risveglio con i frammenti di
un brutto sogno.

Ma l'11 settembre fu ben diverso: la guerra non era
più lontana. Era qui, nel nostro mondo. Nonostante
quei fatti stessero avvenendo in America, nonostante
ci fosse l'oceano di mezzo a separarci da quel
continente, abbiamo sentito subito che la guerra ci
aveva raggiunto. E abbiamo avuto paura. Tutti, senza
distinzioni.
Chi non ricorda cosa stava facendo quel giorno in quel
preciso istante? Ricordo benissimo la radio che
annunciava due megattentati, uno a New York e uno
addirittura al Pentagono, compiuti dall'OLP. Proprio
così disse all'inizio la radio che stavo ascoltando:
OLP. Non sembrava possibile, era tutto surreale.
Certamente ricorda bene cosa stava facendo in quel
momento anche il presidente americano George W. Bush:
era in una scuola a leggere una fiaba che parla di una
capretta. La reazione "fulminea e immediata" del
presidente venne immortalata da Micheal Moore in
Fahreneheit 9|11: per ben sette minuti dopo che gli fu
comunicato che gli Stati Uniti erano sotto attacco
continuò, imperturbabile, a leggere ai bambini la
stessa fiaba. Nessuno mette in dubbio l'efficienza
della Casa Bianca in quella circostanza, tranne che
per un piccolo particolare: gli aeroporti vennero
bloccati per tutti, tranne che per degli individui
assolutamente insospettabili: i membri della famiglia
Bin Laden, che lasciarono l'America in tutta
tranquillità.
Quella notte faticai a dormire ed ebbi paura, paura
come non mai, pregai che non fosse vero, che la guerra
non fosse arrivata qui. Invece era tutto vero, la
guerra era arrivata e non era nelle strade, non era
nelle caserme, era già entrata in noi, in profondità,
con i suoi veleni: la paura era solo uno di questi e
serviva a spianare la via per farne prosperare uno ben
più venefico, ben più letale che sarebbe emerso con
accecante violenza nei giorni successivi: la
stupidità.
Avevo avuto una sensazione di paura simile solo un
paio di mesi prima, quando avevo ascoltato i racconti
dei manifestanti massacrati di botte e torturati dalla
polizia a Genova,durante il G8: ragazzi che spesso non
avevano ancora compiuto 18 anni ed erano alla loro
prima manifestazione, tenuti in piedi per ore in
caserma mentre venivano colpiti in continuazione con
calci e pugni, senza nemmeno il diritto di andare in
bagno. Infermieri, medici, giornalisti e avvocati
manganellati mentre tentavano di soccorrere i feriti o
fotografare i pestaggi. Semplici passanti picchiati e
arrestati. Donne e anziani sanguinanti con la testa
spaccata, nemmeno loro risparmiati. E soprattutto
Carlo Giuliani, steso a terra, ucciso , schiacciato da
una camionetta mentre era ancora vivo, il giovane
volto calpestato che non si sarebbe mosso più.
Era il luglio 2001 e mi sembrava l'annuncio che il
fascismo era tornato, che la dittatura era qui, in
Italia, perciò sarebbero stati guai per quelli come
me. Ebbi paura anche allora, ma di meno, eppure era
già quella la guerra, "buoni" contro "cattivi",
l'occidente contro gli "altri", tolleranza zero,
soluzione militare, "o con noi o contro di noi". E la
stupidità, una bolla che si allarga, si espande e
ingloba tutto. Quando paura e stupidità si combinano
hanno effetti più devastanti di una fusione nucleare:
possono portare a gioire per la morte di un ragazzo di
23 anni, perché lui era "diverso", un "nemico. Ma era
solo un assaggio e tutto questo sarebbe esploso poco
dopo, l'11 settembre, in tutto il suo fragore.
Non avevamo neanche fatto in tempo a finire di
guardare attoniti le immagini degli attentati che la
stupidità avrebbe iniziato a bombardare a tappeto i
nostri cervelli. E la prima bomba, il primo proiettile
di quest' arma devastante, venne sparato da una donna
che per anni era stata una colonna del giornalismo con
la G maiuscola: Oriana Fallaci. L'inchiostro sporco di
razzismo de "La rabbia e l'orgoglio" colò dalle pagine
del principale quotidiano italiano a bruciare gli
occhi di quanti si ostinavano a vedere parole come
tolleranza e rispetto come cose concrete, esistenti.
"Scontro di civiltà", "occidente minacciato",
"comunità di immigrati musulmani incubatrici di
terrorismo" ecc. Era tutto li, il manifesto della
nuova crociata contro L'Islam e il mondo arabo. Un
manifesto dove non vi è una sola riga di saggezza, di
riflessione, solo un assurdo groviglio di minacce e
richiami alla guerra totale, allo sterminio del
"nemico". La Fallaci è uscita da vent'anni di silenzio
apposta per donarci questa perla di disumanità. Potevi
continuare a riposare, Oriana…

Così Tiziano Terzani rispondeva, sulle stesse pagine
del Corriere della Sera, a Oriana Fallaci : "Ti scrivo
anche - e pubblicamente per questo - per non fare
sentire troppo soli quei lettori che forse, come me,
sono rimasti sbigottiti dalle tue invettive, quasi
come dal crollo delle due torri. Là morivano migliaia
di persone, e con loro il nostro senso di sicurezza;
nelle tue parole sembra morire il meglio della testa
umana, la ragione; il meglio del cuore, la
compassione."
Vorrei tanto che Tiziano fosse ancora qui con noi, per
rispondere adeguatamente ai signori che hanno fatto de
"La rabbia e l'orgoglio" la propria bibbia e adesso, a
cinque anni di distanza, continuano a spandere
menzogne, odio e disinformazione dalle pagine dei
quotidiani. Vorrei che fosse qui ad opporre la propria
voce dolce e ironica ai deliri apocalittici di
"giornalisti" come Renato Farina, pagato dal SISMI per
pubblicare notizie e dossier falsi, o il suo grande
difensore Giuliano Ferrara (ex informatore della CIA,
cosa di cui si vanta), o peggio ancora Paolo Guzzanti,
che intascando il doppio stipendio miliardario di
parlamentare e "giornalista" scrive sul "Giornale"
veri e propri inni macabri ai bombardamenti israeliani
sul Libano, con tanto di frasi come "Israele non avere
pietà".

Probabilmente Tiziano, che sapeva bene cos'è la guerra
essendo stato corrispondente in Vietnam, in Cambogia,
in Kashmir, in Sri Lanka e in molti altri paesi,
testimone di alcuni dei peggiori conflitti del mondo,
non sprecherebbe fiato per questi miserabili che la
inneggiano senza mai averne vista una. Ma mi manca e
mi piace pensare che a questi signori, che non hanno
mai smesso di ripetere come un' infinita nenia il
mantra "siamo tutti americani", risponderebbe
semplicemente: "Bene, io no . Di fondo mi sento
fiorentino, un po' italiano e sempre di più europeo.
Ma americano proprio no…".
"Siamo tutti americani": questa è stata una delle
prime frasi con cui la stupidità ha iniziato a
stordirci subito dopo l'11 settembre. Siamo tutti
americani: ma davvero? Siamo proprio come quegli
americani che in un altro 11 settembre, quello del
1973, gioivano mentre il palazzo presidenziale di
Santiago del Cile veniva bombardato e la voce di
Salvador Allende spegneva la sua ultima nota nella
radio, lasciando il paese nel silenzio sepolcrale
della dittatura? Siamo come quegli americani che hanno
irrorato il Vietnam di napalm e agente orange,
lasciando così tanta diossina nell'aria che ancora
oggi i bambini vietnamiti nascono senza occhi? O come
quegli americani che, molto più recentemente,
consideravano cosa buona e giusta l'embargo imposto
all'Iraq, che ha provocato circa un milione di morti
per la mancanza di cibo e medicine?
Forse si, forse siamo proprio come quegli americani
della CIA che hanno creato Al Qaeda negli anni ottanta
per reclutare i mujaheddin wahabiti, ossia gli
integralisti islamici, di tutto il mondo e mandarli a
combattere in Afghanistan contro i sovietici, sotto il
coordinamento di un fidato agente CIA saudita, nonché
socio in affari della famiglia Bush, di nome Osama Bin
Laden. Ma se è vero che siamo come questi americani
abbiamo poco di cui vantarci: siamo talmente cinici e
ipocriti da non riconoscere che i nostri nemici li
abbiamo creati noi, il cosidetto "occidente buono".

11 settembre 2001: sono passati cinque anni e abbiamo
visto e rivisto quelle immagini innumerevoli volte, ci
hanno ipnotizzato, hanno stampato nel nostro
immaginario le torri che crollano come un tatuaggio
indelebile. Eppure siamo proprio sicuri di avere
capito che cosa è accaduto esattamente quel giorno? I
media si sono limitati a rimandare senza sosta
immagini senza porre domande. Chi non crede ciecamente
alla versione ufficiale del governo americano viene
chiamato "complottista", "paranoico": credo che sia
anche questa una conseguenza del clima persecutorio
creato dalla paura e dalla stupidità, perché dubitare,
domandare e pretendere chiarezza è una facoltà
imprescindibile della ragione, oltre che dovere di
ogni giornalista. E le anomalie e le falle nella
versione ufficiale dell'11 settembre sono così tante
che accettarla a scatola chiusa, senza porre domande,
è da ciechi. "E' un paragone osceno, ma c'è stato un
tempo in Sudafrica in cui si mettevano copertoni in
fiamme al collo dei dissidenti. In un certo senso, c'è
il timore di subire lo stesso tipo di trattamento qui,
di ritrovarsi al collo il copertone in fiamme della
mancanza di patriottismo. Nessun giornalista
statunitense che ci tenga al collo o alla sua carriera
sarebbe disposto a insistere sulle domande scomode."
Così disse Dan Rather, giornalista della CBS, prima di
essere cacciato dall'emittente per cui lavorava.
L'11 settembre mi fa venire in mente un parallelismo
con il romanzo storico di Adriano Petta dal titolo
Eresia Pura: in esso si narra la storia dello
sterminio degli eretici catari compiuto dalla chiesa
cattolica nel 1200, sotto il papato di Innocenzo III.
Nel secondo capitolo Giordano Nemorario, il geniale
matematico realmente vissuto, protagonista del libro,
riesce a sentire casualmente un agghiacciante
conversazione tra il papa e l'abate cistercense
Amaury: stanno dicendo che L'Occitania deve essere
conquistata e i catari, i tenaci oppositori della
Chiesa di Roma che praticavano e predicavano
integralmente il messaggio d'amore del Vangelo ,
devono essere spazzati via da quelle terre. Ma per
fare questo ci vuole una scusa,un pretesto: decidono
che l'assassinio del legato papale a Beziers glielo
fornirà. Più avanti nel romanzo il legato papale viene
effettivamente assassinato e dell'omicidio vengono
accusati i catari. Ma Giordano Nemorario sa che
l'assassinio è stato architettato dal papato
appositamente per poterne incolpare i catari occitani,
in modo da potere bandire una crociata contro di loro
e contro l'intera Occitania.

Cosa c'entra questo con l'11 settembre? Forse nulla,
ma leggendo il documento del PNAC, il Progetto per il
Nuovo Secolo Americano, stilato dai neoconservatori
interni all'amministrazione Bush salta all'occhio una
frase inquietante: il progetto di estensione del
dominio americano sarà lungo e complesso, a meno che
non intervenga ad accelerarlo "un evento catastrofico
e catalizzante, come una nuova Pearl Harbor ".
Questo naturalmente non prova nulla, ma è evidente che
senza l'11 settembre la cosidetta "guerra al terrore"
di Bush e soci non sarebbe stata giustificabile: una
guerra contro un nemico indefinito, astratto, come la
cosiddetta " guerra alla droga" che inevitabilmente si
trasforma in guerra ai drogati , senza apportare alcun
rimedio al problema della tossicodipendenza e del
traffico di droga. La "guerra al terrore", senza l'11
settembre, sarebbe stata inaccettabile: inaccettabili
le deportazioni a Guantanamo, gli orrori di Abu
Ghraib, i bombardamenti in Afghanistan iniziati appena
settimane dopo l'11 settembre, la guerra preventiva
all'Iraq, le intercettazioni telefoniche illegali, le
limitazioni dei diritti civili.
È una guerra di conquista, di dominio. Una crociata
contro il Medioriente, la nuova Occitania. Sono ormai
di pubblico dominio le menzogne sulle armi di
distruzione di massa con cui era stata giustificata la
guerra all'Iraq, ma non hanno fatto indignare nessuno.
Ci siamo assuefatti ad una delle componenti di base
della guerra: le bugie.
Tiziano Terzani diceva che la guerra è una cosa
triste, ma la cosa più triste è che ci si abitua.
Infatti in questi cinque anni ci siamo assuefatti alla
guerra: è passato totalmente sotto silenzio lo studio
della rivista inglese Lancet che documenta
scientificamente come dall'inizio della guerra degli
Stati Uniti all' Iraq almeno 100 mila civili abbiano
perso la vita. Oggi 100 mila persone possono morire e
si possono pure ignorare se sono iracheni. Per loro
non c'è nessun anniversario, nessuna celebrazione. Non
si sprecano lacrime per i "nemici".
Per questo ora non si sprecano lacrime per il Libano,
un paese distrutto dai bombardamenti israeliani e
disseminato di cluster bombs, armi proibite fornite
dagli Stati Uniti. Né tantomeno per i palestinesi di
Gaza, che continuano a morire per la fame e per i
missili nella stessa indifferenza con cui vengono
abbattuti i caprioli. Silenzio per loro. Silenzio per
chi ha commesso il crimine di essere nato arabo.
Silenzio per chi non ha più diritto nemmeno al
silenzio, nella notte rotta dal frastuono delle bombe
soniche.
Ma è possibile disabituarsi alla guerra: possiamo
farlo. Possiamo rincominciare a indignarci, a lottare.
Possiamo riscoprire che cos'è l'analisi, la critica,
la solidarietà, l'empatia con le vittime. Possiamo
ricominciare a parlare di tolleranza e rispetto, alla
faccia di tutte le Fallaci e di tutti i Bush del
mondo. Possiamo fregarcene delle persone serie che,
come diceva Pier Paolo Pasolini, sono in primo luogo
immorali, i seri direttori di telegiornali, i seri
governanti, i seri generali, i seri manager di
multinazionali, i seri bugiardi, e seguire le parole
di uno scrittore che serio non è mai stato, Stefano
Benni. "Sei i tempi non chiedono la tua parte
migliore, inventa altri tempi"
Inventiamo altri tempi. Possiamo aggrapparci alle
parole di pace che Tiziano Terzani ci ha lasciato e
usarle come una fune, per risalire dal fondo e fare
uscire la guerra fuori da noi. E fuori dal mondo.


Alessandro De Lucia, redattore AceA

8:24 PM  
Anonymous Anonimo said...

Blasfemo, iconoclasta dell'iconoclasta!

8:26 PM  
Anonymous Anonimo said...

Maddai! Sto papa butta benzina sul fuoco!

11:14 PM  
Anonymous Anonimo said...

Oriana Fallaci?
no comment!
Blochin stavolta sono contrarissimo a quanto hai scritto..

9:25 AM  

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